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Lars Von Trier, fischiato il suo provocatorio Anticristo

di Boris Sollazzo

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18 maggio 2009

Cannes cala i pezzi da novanta, gli assi che hanno fatto definire a molti il concorso di quest'anno un cartellone "grandi firme". Dopo Brillante Mendoza, regista filippino che ha fatto sentir male molti con il suo (quasi) snuff-movie Kinatay (sequestro e omicidio cruento di una ragazza, con dispersione e frammentazione dei resti), è Lars Von Trier a prendere a pugni pubblico e critica. Il suo Antichrist è una violenta e gratuita novella su amore e psicanalisi, su follia e sesso. Mutilazioni genitali, sequenze horror, qualche secondo di primo piano di una penetrazione, maltrattamento di animali. Non manca niente nel solito circo cupo e furbissimo del regista danese. Ma questa volta non ci casca nessuno: fischi e ululati per lui, solo qualche applauso, di breve durata, dai suoi irriducibili sostenitori. Va decisamente meglio alla Quinzaine dove Go get some Rosemary racconta una famiglia scombinata e giocosa.

Antichrist- Concorso
Lars Von Trier è il rivoluzionario più conformista che esista. Superbo e astuto, ha fatto e disfatto regole a sua immagine e somiglianza (da Dogma al suo accantonamento) per stupire pubblico e critica con facili stratagemmi. Uno dei quali è alzare la soglia della sopportazione fisica degli attori e visiva degli spettatori. Da Dancer in the dark in poi ha maltrattato grandi attrici, consenzienti ma neanche troppo (vedi i traumi di Nicole Kidman), e il buon gusto. Antichrist è l'apice di questo suo atteggiamento arrogante, il punto più alto dell'espressione disturbata e disturbante del suo cinema. In Italia uscirà il 22 maggio (per Lucky Red, ma si fa fatica a capire come e dove, le immagini del film creeranno polemiche certe), ieri in sala Debussy c'è stata l'anteprima per la stampa. Risate fragorose durante la proiezione, fischi prima timidi e poi roboanti (con tanto di ululati) quando arriva la dedica finale a Tarkovskij. La storia è quella di una coppia (Willem Dafoe e Charlotte Gainsbourg) che subiscono un lutto atroce: il loro unico figlio arriva carponi fino alla finestra e inconsapevole si butta, morendo, mentre loro fanno sesso selvaggio, offerto da Von Trier in bianco e nero, con particolari e una retorica stilistica puerile. Inizia un viaggio nel dolore in cui lui, psicanalista, cerca di guarire i sensi di colpa di lei. In una foresta, nella migliore tradizione degli horror più elementari- genere che il cineasta danese qui usa e abusa-, esploderà la follia. Dei protagonisti della storia e del regista. Von Trier scatena tutte le sue ossessioni maschiliste, il suo morboso immaginario, il film ha una struttura solo apparente (è diviso in epilogo, tre capitoli e prologo) ma è solo un pretesto per sconvolgere, far male e, soprattutto, far parlare di sé. Un'opera irritante e manierista.

Go get some Rosmary- Quinzaine des Realisateurs
Un film indipendente, un pò pazzo, malinconico e a tratti esilarante. Un identikit che si attaglia bene a molti dei film di questa sezione "ribelle". I fratelli Joshua e Benny Safdie, per far capire subito che tipi erano, sul palco si sono presentati l'uno sulle spalle dell'altro, occhiali e pettinatura da nerd quello sotto, barba incolta e capelli spettinati quello sopra. Il loro film è uno sguardo autobiografico sulla loro infanzia scombinata, con un padre innamoratissimo dei suoi figli ma completamente inadatto alle responsabilità del suo ruolo. Girato a bassissimo budget, molta macchina a mano (e tremolante, all'inizio, tanto per sottolineare la firma superindipendente dell'opera), attori con facce vere, uniche. E una coppia di bambini- quelli che interpretano i registi da piccoli- assolutamente fenomenale. Si ride, ci si commuove, ci si preoccupa per le loro disavventure. C'è talento da vendere in tutto il team che ha permesso la realizzazione di questa pellicola.

18 maggio 2009
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